Maggio 2020 \\ Tecnologia
Un ritorno al futuro?
Ora che stiamo uscendo da questo periodo di limitazioni, isolati in casa a causa dell’epidemia da Corona Virus, più che mai si è riscoperto l’uso dello smartphone per relazionarci con gli altri. La cosa che ci preme di più non è tanto la possibilità di giocare ad un’applicazione o vedere una nuova puntata della nostra serie preferita ma entrare in contatto con le persone a noi care ma distanti. Si ritorna perciò ad usarlo per la funzione principale per cui è stato inventato: la comunicazione con l’altro, distante da noi.
Quante volte prima dell’insorgere del Corona Virus avevamo notato l’isolamente che ne derivava dal suo utilizzo eccessivo in ogni luogo della vita quotidiana: sull’autobus, in coda alle casse del supermarket, nei locali, in casa…
Non vi ricordavate per esempio numerosi gruppi di persone seduti allo stesso tavolo intenti a guardare ciascuno il proprio cellulare? Si preferiva comunicare indirettamente, e univocamente, registrando il proprio audio messaggio.
Eravamo divenuti talmente dipendenti da queste tecnologie digitali che si era addirittura rilevato un aumento delle patologie “cibernetiche” in Italia in questi ultimi tempi, specialmente negli adolescenti.
Eppure alla sua nascita, il telefonino aveva lo scopo di aumentare la facilità di entrare in contatto con l’altro: Martin Cooper, ingegnere americano, il 3 aprile 1973 usò un cellulare per chiamare un potenziale concorrente dalle strade di New York. Il cellulare all’epoca, dotato di batteria con breve durata, pesava poco più di un kg e non stava nelle tasche o in una borsa (viste le dimensioni contenute di 22x13x4 cm).
Dopo 10 anni di evoluzioni che hanno portato a metterlo in commercio, negli anni 90 avviene il suo primo uso intensivo con la produzione di differenti modelli di cellulari tascabili, per forma, colore e funzionalità.
Successivamente, iniziando con piccoli passi, sono esplose le funzionalità accessorie: dai messaggi alla calcolatrice, dalla sveglia ai giochi per passare il tempo ed, infine, alla connessione ad internet.
Con questa nuova tecnologia si gettarono le basi per la nascita dello smartphone, di cui Steve Jobs viene considerato tra i grandi innovatori: da oggetto pensato solo per le chiamate divenne, sempre di più, un vero e proprio computer portatile ricchissimo di applicazioni, touchscreen, ad alta risoluzione per poter vedere film o videogiochi.
Tutte le medaglie però hanno sempre due facce...
la digitalizzazione ha preso sempre più piede nella nostra società: il libro "Solitudine digitale" di Manfred Spitzer (2016) tratta le conseguenze che i media digitali hanno sulla nostra salute fisica e mentale.
Gli effetti collaterali indesiderati elencati sono lo stress, la perdita di empatia, la depressione, i disturbi del sonno e dell'attenzione, l’ incapacità di concentrarsi e di riflettere, la mancanza di autocontrollo e di forza di volontà: questi trovano il loro picco durante l’età scolare nei bambini e negli adolescenti che fanno un uso eccessivo degli apparecchi digitali.
Tra le ricerche scientifiche riportate nel testo, i bambini, in particolare quelli che non sanno ancora leggere e scrivere, sono danneggiati nelle loro capacità sensoriali, il bullismo e la criminalità informatica completano il quadro di una situazione che ci sta sempre più sfuggendo di mano.
Oggi ci siamo ritrovati nella situazione di non poter uscire dalle nostra mura domestiche, isolati senza la possibilità di avere un contatto reale e fisico con l’altro. Tuttavia, ci stiamo riscoprendo un po’ meno soli, un’affermazione paradossale, voi mi direte. Eppure, grazie alle telefonate, alle chat o live sui social e alle videoconferenze sulle varie piattaforme, ci confrontiamo, ci interessiamo dell’altro, condividiamo il nostro quotidiano, i nostri pensieri e le nostre emozioni. Ci diamo forza l’un l’altro per sostenere questo isolamento. A questa prova davanti a noi, contrariamente a quanto potevo ritenere, il mondo digitale, tornando alla sua funzione originaria ci sta aiutando a mantenere la nostra umanità. Forse quello che riteneva il quotidiano tedesco Frankufurter Zeitung in merito al libro citato "Siamo malati di cyber, ma Spitzer condanna gli eccessi d'uso della tecnologia, perché, come in medicina, è la dose che fa il veleno..." potrebbe trovarci d’accordo.
Dopo le varie fasi che seguiranno per ripartire, ritorneremo ad incontrarci, a lavorare in ufficio, a giocare all’aperto, a organizzare cene e pranzi e ad andare ai concerti o al cinema. Ma sarà come prima? Oppure ci sarà una svolta nel nostro uso del digitale?
Ed infine, l’uomo riuscirà a rimanere un animale sociale nonostante la sua clava digitale?
Bibliografia:
Spitzer, M. (2016) Solitudine digitale. Disadattati, isolati, capaci solo di una vita virtuale? Milano: Corbaccio.
©Elisa Torselli
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