Febbraio 2020 \\ Emozioni secondarie
"Dottoressa ho l’ansia!"
Ragazzo, meno male che ce l’hai!
L’ansia è un’emozione che appartiene all’essere umano; a differenza della paura che cerca di farci reagire di fronte a dei pericoli immediati, essa ci aiuta ad affrontare le nostre preoccupazioni quotidiane e tenta di prevedere il verificarsi o meno di quello che più temiamo.
Mi permetto di spiegare in modo semplicistico: la paura vede il qui ed ora, l’ansia invece tenta di predire il futuro.
Ma il troppo stroppia, sono d’accordo con te.
Se l’ansia si mantiene sotto certi livelli, ci sprona ad affrontare una situazione o una prestazione difficile. Pensate ad una verifica in classe o ad una corsa ad ostacoli. L’ansia a volte ci motiva, ci dà coraggio, ci fa analizzare tutte le problematiche previste, altre volte, in situazioni di eccessivo stress, ci invita a rallentare.
Quando però l’ansia supera la soglia della normalità, diventando eccessiva e talvolta ingiustificata, ci impedisce di affrontare la nostra quotidianità. Delle volte limita le nostre attività, i movimenti, ci impedisce di usare mezzi come l'aereo o un ascensore; altre volte ci fa temere gli spazi chiusi o affollati, costringendoci ad evitarli.
Molto frequentemente chi ne soffre si accorge che le proprie paure non ero così allarmanti in passato, ma ora, per un qualche oscuro motivo, essa ci mette subito in allerta e ci costringe alla fuga o, addirittura, ci fa evitare completamente un possibile contatto.
Cosa senti?
Tra i sintomi più comuni di un’elevata ansia possiamo elencare sintomi fisici, cognitivi e comportamentali.
Sintomi fisici sono la tensione, il tremore, il sudore, la palpitazione o la mancanza di respiro, le vertigini, nausea, dolore toracico, formicolii alle estremità degli arti e alla bocca, derealizzazione e depersonalizzazione.
Sintomi cognitivi, invece, possono essere un senso di vuoto, un senso crescente di imminente pericolo, pensieri/ricordi e immagini negativi, messa in atto di comportamenti protettivi, idea di costrizione, di imbarazzo e di incertezza sul futuro, sensazione di essere osservati e giudicati.
Per finire, sintomi comportamentali come l'evitare le situazioni temute, tenere comportamenti protettivi (come farsi accompagnare o assumere sostanze o farmaci al bisogno senza che questi ultimi siano monitorati da un medico specialista) e comportamenti di sottomissione.
Il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (quinta edizione; DSM–5; American Psychiatric Association, 2013), descrive che i disturbi d’ansia differiscono dalla normale paura o ansia perché sono fenomeni eccessivi o persistenti (durano tipicamente 6 mesi o più) rispetto allo stadio di sviluppo.
Ogni disturbo d’ansia è diagnosticato solo quando i sintomi non sono attribuibili agli effetti fisiologici di una sostanza/farmaco o a un’altra condizione medica, oppure non sono meglio spiegati da un altro disturbo mentale.
Il DSM-5 definisce i seguenti disturbi d'ansia:
Che fare dunque?
Ci lasciamo travolgere come se l’ansia fosse un’onda tremenda o tentiamo di salirci sopra e gestirla?
Studi sull’efficacia dei protocolli psicologici (Roth e Fonagy, 1997), hanno evidenziato che il trattamento psicologico elettivo per i disturbi d’ansia sia la terapia cognitivo comportamentale (CBT). Secondo questo approccio, esiste una stretta relazione tra pensieri, emozioni e comportamenti. Secondo uno dei padri fondatori della CBT, Beck, non sono gli eventi a provocare quello sentiamo, ma il modo in cui li vediamo e li gestiamo, attraverso i nostri pensieri (Beck, 2013).
Lo scopo del terapeuta CBT è quello di accompagnare il paziente ad esplorare l’intricata connessione di questi tre fattori, e a supportarlo nella gestione degli stessi .
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©Elisa Torselli
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